Addio a Pino Daniele, l’inventore del “Tarumbò”
“Sai che mi piaci con quella gonna stretta … Sai che mi piaci con quella faccia da furbetta … dududu dudu dudu…”. Sono i versi che mi sono venuti in mente appena appresa la notizia della scomparsa di Pino Daniele, ero bambino e non potevo capire fino in fondo la malizia di quei versi, ma non so perché quella voce nasale e al contempo gradevole mi era entrata in testa per settimane dopo che avevo ascoltato per la prima volta Io per Lei. A parte questa digressione personale a cui si potrebbe giustamente rispondere un gran chi se ne frega, era importante evidenziare l’eccezionalità dell’occasione. Non solo per la morte di questo grandissimo artista, ma anche perché nonostante la sua continua e intensa attività era da molto che non aveva i riflettori puntati addosso come in questi giorni. A pensarci bene l’intera quarantennale carriera di Pino Daniele sembra caratterizzata dal non far parlare molto di sé sui media. Come quei calciatori di cui si dice che fanno parlare di sé solo con le loro prestazioni in campo, Pino Daniele era poco propenso ai colpi di testa da prima pagina e alla vita mondana da artista. Faceva parlare di sé solo con la sua musica.
Francesco De Gregori, Richie Havens, 99 Posse, J-Ax, Joe Bonamassa, Jovanotti, Eric Clapton, queste sono solo alcune delle tantissime collaborazioni del cantautore napoletano con musicisti di vario genere. Famoso il sodalizio artistico con l’attore e amico Massimo Troisi, per cui mette in musica alcune poesie scritte dal comico come O’ Ssaje Comme Fa O’ Core, e compone le colonne sonore di alcuni film. “Pensavo fosse amore invece era un calesse” ad esempio è accompagnato dal successo Quando, una ballata dal sapore malinconico che entra poi nell’album “Sotto O’ Sole” (1991).
La sua carriera inizia a metà degli anni ’70 quando comincia a suonare come bassista dei Napoli Centrale. Leader e sassofonista del gruppo fusion è James Senese che aiuterà molto Pino Daniele all’inizio della sua carriera solista. Nel primo album “Terra Mia” (1977) i legami dell’autore con la canzone tradizionale partenopea sono evidenti. Tra i brani di maggior successo spicca Napule è, scritta a soli 18 anni, diventerà la canzone manifesto per l’autore e per un’intera generazione di napoletani.
Gli album successivi segneranno la definitiva consacrazione dell’artista, grazie alla sua capacità di innovazione musicale. Con “Pino Daniele”, “Nero a Metà” e “Vai Mo'” la canzone napoletana si fonda con il jazz e il blues. Un sodalizio musicale inedito tra le sue radici e le sue passioni musicali, il “tarumbò”, come lo chiamerà l’artista stesso, l’unione tra tarantella e blues. Sono di questo periodo altre pietre miliari del cantautore come Je So’ Pazz’ e A Me Me Piace O’ Blues, schiette e divertenti saranno fra i pezzi che faranno di Pino Daniele uno dei musicisti italiani più apprezzati anche all’estero.
“Bonne Soirèe” del 1987 è l’album che taglia i ponti con il passato. Qui Pino Daniele cambia molto il suo stile, si avvicina alle sonorità arabe e comincia ad abbandonare il dialetto napoletano nei testi, ma senza rinunciare a mescolare lingue e sonorità come nei precedenti lavori. Molti fan storcono il naso, altri apprezzano la volontà dell’artista di rimettersi in gioco. Dagli anni ’90 però ha inizio la fase calante della carriera di Pino Daniele, sia per la popolarità, sia probabilmente per la carica innovativa. La sua vena artistica comunque non si esaurisce, tra i musicisti della sua generazione è tra quelli che più tiene duro all’inevitabile e naturale declino. Quella che non è mai calata è la stima internazionale nei suoi confronti: dopo aver suonato a Parigi a New York e persino a Cuba, nel 2010 partecipa al Crossroads Guitar Festival a Chicago organizzato da Eric Clapton. L’anno dopo Clapton vorrà con sé sul palco proprio Pino in un concerto allo stadio di Cava de’ Tirreni.
Qualche anno prima, nel 2005, Pino Daniele esce col singolo It’s Now Or Never, interpretando la cover inglese fatta da Elvis Presley di O Sole Mio. Un saluto per omaggiare la straordinaria fusione culturale che ha caratterizzato l’opera musicale di questo cantautore “nero a metà”, un po’ bluesman, un po’ napoletano.
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