Hall Of Fame

Dieci anni senza il Diamante Pazzo

Sono passati dieci anni dalla morte di Syd Barrett, fondatore e primo frontman dei Pink Floyd.

È in realtà un personaggio tutto da scoprire. Nonostante abbia abbandonato il gruppo, il fantasma di Syd ha sempre aleggiato su quest’ultimo, tant’è vero che potremmo ricostruire la sua storia attraverso gli album floydiani.

Fam-Photos-ThumRoger Keith Barrett nasce il 6 Gennaio 1946, da una famiglia agiata. Fin da piccolo sperimenta un interesse particolare per la pittura e la musica, ma, a differenza di tutti gli altri, non impazzisce per Elvis Presley: ascolta Chuck Berry, Miles Davis e uno sconosciuto cantante americano, che crede si chiami Bob Die LonBob Dylan.

Appassionato di Jazz, frequenta spesso un locale in cui un gruppo suona questo genere. Il batterista si chiama Sid Barrett, omonimo di Roger, e per scherzo iniziarono a chiamarlo “Syd”, con la “y” per distinguere il musicista dall’appassionato spettatore.

A circa sedici anni, trasforma la sua camera in un sorta di caffè, un punto di ritrovo per i giovani che cercano di scappare dalle rigidità inglesi e che adorano il rock’n’roll. Alla sua porta bussa anche David Gilmour, con cui stringerà una profonda amicizia. In questo periodo entra a far parte della sua prima band, i Geoff Mott and the Mottoes, insieme a Roger Waters, figlio di una sua insegnante: il gruppo non ha successo.

Nel 1964 arriva a Londra e conosce Rick Wright e Nick Mason, ex coinquilini di Waters, tutti studenti di Architettura. I quattro, insieme a Bob Klose e a Chris Dennis, ventiseienne, formano un gruppo a cui Syd darà il nome di Pink Floyd. L’origine deriva dall’accorpamento di due bluesman della Georgia, Pink Anderson e Floyd Council.

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L’Estate dell’Amore il 1967, è l’anno di svolta per i Pink Floyd, i  componenti restano Barrett, Waters, Mason e Wright: light show, LSD e canzoni come Interstellar Overdive catapultano gli spettatori costernati in un universo parallelo. Nello stesso anno esce il primo LP, The Piper at the Gates of Dawn. Già in questo periodo Syd fa uso di molte droghe. Si pensa che una delle cause principali della sua pazzia sia derivata dall’abuso di acidi, che lo renderanno mentalmente instabile e poco gestibile ai live. Le cose peggiorano quando i Pink Floyd iniziano a fare da gruppo spalla ai Jimi Hendrix Experience: Barrett diventa sempre più ombroso e depresso, lo sguardo sempre fisso nel vuoto. Le esibizioni sono disastrose e una sera Mason nota Gilmour tra la folla, a fine performance si avvicina e gli chiede se fosse disponibile ad unirsi al gruppo in futuro, magari per una sostituzione. David entra nei Pink Floyd poco dopo e Syd, nel suo delirio, si rende conto di cosa sta succedendo; ce lo fa capire nella sua Jugband Blues, l’ultimo componimento di A Saucerful of Secrets, i cui versi dicono: “E’ terribilmente cortese da parte vostra credermi qui e vi sono molto grato per aver chiarito che non sono qui.

Syd Barrett è costretto ad abbandonare i Pink Floyd nel ’68, anche se, come vedremo, in realtà resterà sempre con loro. Tenta la carriera solista, aiutato da Peter Jenner e da Gilmour, che gli è da subito rimasto vicino. Da una collaborazione con quest’ultimo e Waters, esce The Madcap Laughs nel 1970, ricevuto con calore. Rassicurato da ciò, Syd inizia a programmare un altro sforzo solista, sempre aiutato da David. Nasce Barrett, che sembra contenere ancora sprazzi d’un brillante immaginario fantastico. Poco dopo l’uscita dell’album, pian piano l’artista scivola nell’ombra, perdendo i contatti persino con Gilmour.

Per quanto riguarda i Pink Floyd, inizia a germogliare un certo senso di colpa nell’aver abbandonato così un amico, soprattutto in Waters. L’album che lo attesta ufficialmente come frontman è The Dark Side of The Moon, il capolavoro. Inevitabile il rimando a Syd, visto che l’LP è principalmente incentrato sulla follia (per l’appunto, il lato oscuro della luna), oltre che a molte altre tematiche tra cui lo scorrere del tempo e la morte. Nel disco sono presenti anche allusioni sulla vita di Waters; è da qui che la sua biografia si mescolerà con quella di Syd, fino a far nascere Pink, il protagonista di The Wall. Per fare un esempio, nella canzone Nobody Home, Pink compie una valutazione drammatica della sua condizione. Si descrive con “gli elastici che tengono insieme le mie scarpe” e la “pettinatura obbligatoria alla Hendrix“, caratteristiche tipiche di Barrett.

Ma, paradossalmente, la presenza di Syd è sentita al massimo nell’album dell’assenza: Wish You Where Here.  La celeberrima Shine On You Crazy Diamond è un palese tributo all’amico folle, che nella sua pazzia, deve aver percepito qualcosa: durante l’ultimo mixaggio del componimento, Gilmour si rende conto di uno strano personaggio grasso, pelato, con le sopracciglia rasate e uno spazzolino nel taschino, vagare per gli studi. E’ Barrett. Appena riconosciuto, Waters si ritrova in “fottute lacrime”. Lo salutano, cercano di comunicare con lui che risponde solo con frasi sconnesse e senza senso.

L’altro brano dedicato (in parte) a lui è Wish You Where Here, probabilmente il più famoso del gruppo, ma mal interpretato: molti credono che si tratti di una canzone d’amore, invece, oltre al tributo, racconta il vuoto che si era creato tra i quattro musicisti. Ma,  nel 2005, riuniti  in occasione del Live Aid, i Pink Floyd presentano il brano  così: “ It’s actually quite emotional standing up here with these three guys after all these years. Standing to be counted with the rest of you. Anyway, we’re doing this for everybody who’s not here. Particularly, of course, for Syd.”

Il 7 Luglio 2006 muore Syd Barrett, a sessant’anni, per un tumore al pancreas. Durante la sua vita altalenante, ci ha fatto uno dei regali musicali più belli: i Pink Floyd. Non posso che ringraziarlo per questo.

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