Sulle strade del subconscio con Iuna Niva
Hai voglia di un trip? Bene, sto per offrirtelo.
Lo definirei “trip” perché è proprio così che l’ho vissuto: una sorta di rituale ipnotico in grado di portarti verso le sonorità e le atmosfere del sogno, un loop di sola andata verso la natura ancestrale.
I mentori che tracciano le linee guida di questo viaggio si chiamano IUNA NIVA, due ragazzi che hanno cominciato da poco a fare musica sul serio, ma che già dimostrano una notevole maturità e padronanza dei propri mezzi.
Nella vita reale sono Neva Leoncini, che fornisce al sound linee vocali eteree e oniriche, quasi intangibili, e Fedor Shtern, che produce arrangiamenti e basi musicali che vanno dalla techno più minimale al chill-out da post rave: una sintesi perfetta che porta l’EP in pieno spirito leftfield. I due ragazzi pongono le basi di questo progetto tra l’Italia e l’Inghilterra, e si fanno produrre in Germania.
Ad aprile è uscita la loro tape d’esordio, Primeval Guilt, prodotta appunto da un’etichetta di Colonia (la Noorden), anch’essa da poco in attività ma da subito chiara nel suo intento di dare voce a realtà emergenti come quella di IUNA NIVA.
Tornando al concetto di fondo, Primeval Guilt è appunto la “colpa primaria”, quella che scaturisce tutto ma che non dipende da noi. La colpa primaria non è come la colpa ordinaria: bisogna aver fatto qualcosa di sbagliato per soffrire. La colpa primaria invece è un qualcosa che ci viene affibbiato da sempre e per sempre, come risultato dell’essere nati. Ebbene, in questo EP di 7 tracce viene tracciato un percorso verticale all’interno del subconscio, esplorandone i meandri più nascosti, con tracce che traducono in maniera molto fedele la tensione emotiva, talvolta fisica, che tale colpa genera.
Tutto inizia con Stain, la “macchia” di apertura. Un brano che conferisce all’EP quel sentore minimal techno. Qui i bassi sono liquidi e dimessi, e riproducono una situazione di apnea sott’acqua, in cui le onde sonore raggiungono il nostro udito con un urto più dilatato, senza capire da dove vengano esattamente. Uno stato embrionale, di deprivazione sensoriale, in cui immergersi e abbandonarsi.
Vault è probabilmente il miglior pezzo, con il suo limbo di sofferenza, le voci perdute nell’etere e le catene che sferragliano. Qui i bassi e le linee sonore emergono e si fanno più chiare. Meno di un mese fa è uscito il video ufficiale di questo brano, prodotto dalla stessa casa discografica, che sembra confermare l’impressione che si percepisce ascoltandolo: un presentimento sinistro, un purgatorio senza fine.
E poi Primordial Clave, minimale e tetra; fino a Bracelet, che porta i pensieri ad una quiete dopo la tempesta, con le linee vocali che danno sollievo e speranza.
Un viaggio nel subconscio ma anche alla scoperta della natura, quella libera e spettrale, che si manifesta in tutta la sua angoscia e inquietudine.
Finito il trip, il ritorno alla dimensione reale è felice: IUNA NIVA è una realtà che non ha niente da invidiare a molte altre nel loro genere, supportata ed incoraggiata da un’etichetta come la Noorden, perfetta per iniziare e sperimentare. Una realtà che non è ancora sbarcata prepotentemente in Italia, ma che ha sicuramente le carte in regola per farlo.
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