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The Sound of Silence Milano

Il 4 ottobre 2014 abbiamo festeggiato la trentesima edizione(per quest’anno) del “The sound of Silence”. Uso il termine “abbiamo” nonostante non abbia mai fatto parte del team organizzativo e nonostante i miei rapporti con lo staff siano pressoché inesistenti; Lo uso perché per quella decina di volte che mi è capitato di partecipare all’evento, ho avuto la sensazione di essere in un’unica grande comunità, e ciò in un ambiente come quello musicale milanese, è un evento molto raro.

La location è sicuramente suggestiva, si tratta della piazza delimitata dalle Colonne di San Lorenzo e dal sagrato dell’omonima cattedrale, che per una sera si trasforma in una e propria discoteca all’aperto.

 

colonne

 

 

Nell’immaginario collettivo la parola discoteca rimanda ad un luogo dove la musica ad alto volume ha un ruolo primario, ed ogni altro elemento ha una funzione di contorno, ebbene all’evento” The sound of Silence” è tutto il contrario.

 

Vi chiedo di staccare per un attimo la mente da questo testo e di sforzare la vostra immaginazione. Pensate di essere a casa, di aprire il vostro frigorifero americano e di versarvi un bicchiere di succo d’arancia, rosso sangue. State già immaginando di berlo e gustarvelo, ed ora, spinti da una sete irrefrenabile, iniziate ad assaporarlo. Nel momento stesso in il succo tocca le vostre papille gustative vi accorgete però che il succo di frutto in realtà sa di pera. SITUAZIONE SPIAZZANTE.

Questa identica situazione di spiazzamento, in cui l’aspettativa non corrisponde alla sensazione derivante da almeno uno dei cinque sensi, è ciò che ho avvertito arrivando per la prima volta in quella piazza dove centinaia di ragazzi ballavano a prima vista senza un motivo;

“Ballare” se il dizionario di Google non mi inganna, significa “eseguire passi e movimenti secondo ritmi musicali”, ma di musica nemmeno l’ombra, o meglio non ne avvertivo nemmeno il bisbiglio.

Mi sono accorto ben presto, che ogni partecipante indossava una cuffia, e il ritmo scatenante proveniva da lì.

Al centro della piazza erano disposte due consolle e due deejay mettevano i dischi in maniera del tutto autonoma. Le cuffie erano dotate di un comando di switch per selezionare una delle due consolle ed ascoltare il genere preferito. Tutto in completa libertà, veniva sfruttato un sistema wireless che permetteva ad ogni partecipante di muoversi all’interno della piazza ed ascoltare il loro dj-set preferito in totale tranquillità. Ammetto che inizialmente ero scettico e confuso: siamo abituati ad avere un rapporto completo con la musica, almeno nelle discoteche, non siamo legati a un processo unicamente di ascolto, il volume elevato, l’importanza dei bassi, il contatto con la gente rendono l’esperienza percepibile con più sensi non solo attraverso gli orecchi.

Nel caso di The sound of Silence invece, ognuno è in una dimensione a sé stante ed è forse nella distanza imposta dalle cuffie che ci si sente uniti, in maniera differente ma non meno importante.

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