Cecco e Cipo: Non Essere In Finale Non è Poi Così Male
A pochi giorni dall’attesissima finale del talent show musicale allego qualche riflessione su un singolare duo che si è affacciato sul grande schermo per poco, forse pochissimo, ma che sicuramente ha lasciato il segno più di tanti altri.
Simone Ceccanti e Fabio Cipollini, in arte Cecco e Cipo, sono due simpatici ragazzi toscani originari di Vinci (Firenze), città
natale di Leonardo e punto di partenza per una delle nuove band indie più promettenti del 2014.
La loro avventura comincia in estate, audizioni di XFactor 8.
Scelta difficile (difficilissima), soprattutto per chi ama definirsi “indipendente”, perché la televisione e i grandi palcoscenici sono forse uno degli argomenti che fa più discutere tra gli amanti di questo genere.
Cecco e Cipo però si presentano in modo veramente genuino (c’è chi dice costruito, io non credo ndr.) e la loro audizione entra, di diritto, negli annali del programma di SkyUno, sempre che questi esistano.
Due parole: Vacca Boia. Il pubblico si mette a ridere, i giudici altrettanto, ma è visibile la voglia di tutti di ascoltare questo pezzo che, tecnicamente, racconta di una storia d’amore tra un uomo ed una femmina adulta di bovino (“vacca”, appunto, nel linguaggio rustico toscano).
Standing ovation, oceano di applausi e un consenso condiviso tra i giudici, soprattutto da parte di Victoria Cabello, a cui il duo toscano non risparmia simpatiche battute (d’altronde si sa “siamo toscani, si fa pe’ ride’!”).
A fine puntata sui social network impazza la vacca-boia-mania. Il video della audizione supera il milione di visualizzazioni e il pubblico da casa non aspetta altro che i Bootcamp per poter assistere alla prossima esibizione dei due ragazzi (“quelli di Vacca Boia, che non l’hai sentita?”).
Ai Bootcamp però qualcosa va storto. Dopo la seconda standing ovation succede l’impensabile e Morgan esclude il duo toscano dalla fase successiva.
Su internet è la rivolta! L’hashtag di sostegno #rivogliamoceccoecipo diventa ormai un trend su Twitter insieme con i dubbi riguardo la sanità mentale del giudice ex Bluvertigo (confermate, forse, dai suoi numerosi “exploit” nelle puntate successive).
Cecco e Cipo però accettano la sconfitta in maniera composta, senza scenate e polemiche, contenti di aver fatto divertire un così grande pubblico con la loro musica.
Nel frattempo il loro primo album (Roba da Maiali) scala le classifiche di iTunes e entra nella top 10, mentre il loro secondo lavoro (Lo Gnomo e lo Gnu) incomincia a diffondersi tra il pubblico, ancora indignato per la recente eliminazione del gruppo dal programma.
I due ragazzi tornano quindi a casa, a Vinci, da vincitori, appunto.
La Cecco e Cipo mania non svanisce, grazie anche all’opera di merchandising (le magliette #vaccaboia vanno a ruba) e la costante presenza sui social network. Il pubblico incomincia a conoscere e ad appassionarsi ad altre canzoni del vecchio e del nuovo album.
Se volessimo mettere a confronto i due album pubblicati potremmo dire che entrambi condividono quella atmosfera scherzosa con cui Cecco e Cipo si sono presentati al grande pubblico. Dopo una analisi e un ascolto più approfonditi le differenze arrivano dirette all’orecchio. Mentre in Roba da Maiali il paesaggio agreste e le similitudini con oggetti quotidiani caratterizzano gran parte della tracklist, Lo Gnomo e lo Gnu sembra avere una dimensione diversa. I due ragazzi incominciano ad interrogarsi sul senso di ciò che li circonda, una sorta di riflessione più profonda, che trae spunto da un universo immaginifico e quasi fiabesco.
Numeri alla mano, Cecco e Cipo hanno fatto veramente un gran lavoro in entrambi i casi. Hanno saputo sfruttare (ancora più intelligentemente secondo me) la limitata visibilità dovuta alle audizioni di XF8. Ma la domanda che rimane alla fine è sempre la stessa: “Può la musica indie diventare un genere da X Factor, simbolo d’eccellenza della cultura popolare?”.
Le risposte sono per lo più ambivalenti. Logicamente verrebbe da rispondere “indie” diverso da “pop”, per definizione. Una semplice equazione, un teorema, che gli artisti seguono religiosamente ma che forse, in fondo in fondo, vorrebbero provare a confutare. Chi ci prova spesso e volentieri viene messo alla gogna (un esempio tra i tanti è Brunori che apre i concerti di Ligabue questa estate). Ma alla fine cosa ci sta di male? Cosa c’è di tanto sbagliato nel voler farsi conoscere dal grande pubblico?(a maggior ragione se i risultati sono come quelli dell’audizione del duo toscano).
Forse lo stesso Morgan è uno degli artisti che segue la soprammenzionata equazione come un mantra e, forse, ha voluto preservare l’originalità e il carattere genuino dei due ragazzi.
Le risposte a queste domande sinceramente non le so, e le lascio in sospeso anche perché non vorrei mai che mi venisse conferita una Licenza di Tuttologo ad honorem!
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