C’era una volta la Radio…
Si chiama RADIOMONITOR, è il progetto di ricerca di GFK, azienda leader nel settore della ricerca di mercato. Dal 2013 fornisce un servizio di monitoraggio e pubblicazione dei dati di ascolto radiofonici in Italia, esibendo risultati frutto di una ricerca CATI (semplicemente sondaggio telefonico) su una base di 120 mila interviste a soggetti maggiori di 14 anni di età e un campione di 10 mila individui monitorati attraverso il “meter” anche detto “indosso”: un registratore di frequenze per registrare materialmente quanto ascoltato da chi lo possiede. I dati vengono semestralmente resi pubblici sul sito ufficiale “www.radiomonitor.it” suddividendoli in ascolti nel giorno medio, nei 7 giorni e per regioni (aree d’ascolto).
Fatta tale premessa “tecnica”, veniamo al punto: la radio è in crisi. Partendo dalla lettura dei dati più vecchi (ascoltatori per giorno medio 2012) e proseguendo fino ad arrivare ai più recenti, quelli del secondo semestre 2014, si giunge ad un’innegabile certezza: le più grandi emittenti radiofoniche del nostro paese hanno tutte subito un tracollo negli ascolti che sembra quasi del tutto inspiegabile. Ovviamente una spiegazione c’è, ma andiamo per gradi. I fattori in gioco sono diversi, teniamo presente che la radio come ce la immaginiamo noi,con tre o quattro persone a gestire un mixer e un microfono non esiste, ognuna di queste BIG del settore corrisponde ad una maxi azienda con centinaia di dipendenti e milioni di euro di investimenti alle spalle molte volte derivanti da grandi fondi d’investimento internazionali (vedi gruppo Finelco, proprietario di Radio Montecarlo, Virgin Radio e Radio 105), tanto che sembra impossibile pensare che la crisi d’ascolto derivi da una cattiva gestione societaria, specie se il male è comune. Forse la qualità della trasmissione non è più soddisfacente dei gusti degli ascoltatori? Potrebbe essere, molte stazioni hanno preso una piega iper-commerciale e questo potrebbe aver portato ad un allontanamento di chi la radio l’ascolta con sentimento, ma attenzione, i palinsesti RAI (apparte eccezioni notturne) fanno da capofila a tutti gli altri, verso il baratro e di certo non stiamo parlando delle radio più commerciali che esistano. Per darvi un’idea Radio DeeJay, capitanata da uno che la radio l’ha davvero sempre fatta per passione, tale Pasquale Di Molfetta in arte “Linus”, ha perso, secondo i sondaggi, quasi il 20% di ascolti dal 2012 ad oggi, decisamente un dato significativo per chi da anni occupa i gradini più alti del podio… Ebbene torniamo alle possibili cause di tutto questo, se i soldi ci sono, le iniziative anche, i conduttori sono bravi.. Ops ci stavamo dimenticando di lei, della protagonista, dell’unico vero motivo per cui in tutte le nostre auto, barche, case e uffici abbiamo uno stereo: la musica. Sembra folle ma il segreto risiede proprio qui.
Accendere la radio era l’unico modo che avevamo di ascoltare i nostri artisti preferiti senza dover sborsare una lira e soprattutto potevamo farlo ovunque ci trovassimo bastava solo accettare quel piccolo compromesso per cui non era possibile scegliere personalmente il brano da ascoltare e infondo chi avrebbe mai detto che questo un giorno sarebbe diventato un problema? Riassunto nel nome di Spotify e prima ancora di Youtube, vive l’idea di liberalizzazione musicale, nel caso specifico del tubo ci riferiamo ai video, ma con Spotify raggiungiamo la sostanza nuda e cruda di questo concetto: la possibilità reale di ascoltare, trasportare, selezionare e divulgare il 99% dei brani prodotti in tutto il mondo (Taylor Swift ama la radio vista la sua assenza) eppure oggi è proprio questa liberalizzazione, forzata da un mercato discografico fantasma, che ha portato ad un livellamento costante degli ascolti delle radio. Non è più così necessario e nemmeno così piacevole non avere la libertà di scegliere cosa ascoltare, perchè ci è stato fatto capire che non serve più, che ciò che desideriamo possiamo averlo dove e come vogliamo, se domani Jovanotti pubblica il nuovo album con 30 brani inediti io esattamente tra 24 ore avrò la possibilità di ascoltarli tutti o forse anche nessuno, con un click dal mio smartphone. Probabilmente assisteremo ad una rivoluzione dei contenuti trasmessi via radio nei prossimi tempi, e la musica continuerà a non essere la vera protagonista. Invece forse sarebbe il caso di puntare sulla musica, senza limitare tutto ad un numero. Puntare sulla qualità forse potrebbe far rinascere le radio, è questa la strada da seguire.
Liberi di fare, di dire, di scrivere… Di ascoltare.
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