The Kolors: Future Stelle o Ennesimo Prodotto Usa e Getta dei Talent?
Il fatto che non si possa piacere a tutti e che, quindi, le critiche possano essere dietro l’angolo è un qualcosa che chiunque dovrebbe dare per assodato, artista o non che sia. Tuttavia, in certi casi, alcune di queste critiche appaiono così fortemente immotivate da far dubitare dell’onestà intellettuale che vi è (o, meglio, che vi dovrebbe essere) dietro e fanno pensare che, più che di legittime e fondate opinioni, si tratti di semplici pregiudizi.
L’ultimo esempio che mi viene in mente a riguardo è quello relativo alla prima pagina di Rolling Stone dedicata ai The Kolors, la band vincitrice dell’ultima edizione di Amici. In questa occasione, infatti, sono molte le critiche piovute addosso al mensile di musica, reo, secondo svariati lettori e appassionati, di dare eccessiva visibilità ad un gruppo poco meritevole che “non fa musica vera” e che “è il solito prodotto dei talent show di oggi”. A ben vedere, le critiche in questione vengono dalla folta schiera di nostalgici del passato che rimpiangono le copertine con Jim Morrison, Mick Jagger o Kurt Cobain (tanto per fare qualche esempio) e che dimostrano di non possedere la giusta dose di apertura mentale nell’approcciarsi ai The Kolors. Già, perché, se c’è una prima cosa doverosa da dire sulla band capitanata da Antonio “Stash” Fiordispino, è che, a differenza di molti dei “prodotti da talent” saliti alla ribalta negli ultimi anni, è composta da bravissimi musicisti, come dimostrato ad esempio proprio ad Amici, grazie ad una riuscitissima cover di A Me Me Piace O’ Blues di Pino Daniele.
In secondo luogo, è altrettanto innegabile (anche se questo potrebbe comunque non piacere ai puristi del rock ‘n’ roll) che i The Kolors costituiscano, se non altro a livello mainstream, un’assoluta novità all’interno di un panorama musicale come quello italiano, in bilico tra cantanti e gruppi (spesso usciti proprio dai talent show e, in particolare, da Amici) legati ad un modo di fare musica ormai superato e la proliferazione dei rapper.
L’intera produzione musicale di Stash e compagni, infatti, è caratterizzata da una forte spinta verso l’internazionalità, dovuta, da un lato, alla scelta di scrivere i propri testi solo in inglese (che, se è vero che ha portato alcuni “esperti” del settore musicale italiano ad essere inizialmente scettici nei confronti della band, dà comunque maggiori possibilità ai The Kolors di ottenere visibilità anche al di fuori dei confini italiani) e, dall’altro, dalla ricerca di un sound che, pur strizzando a tratti l’occhio ad artisti del passato (Stash menziona i Queen e Michael Jackson tra coloro che l’hanno più influenzato), si inserisce in quel filone musicale, che tanta fortuna sta avendo negli ultimi anni, che riunisce elementi rock/funk ed elementi di musica elettronica.
Quale esempio di questa commistione di generi ed influenze può essere presa, tra le altre, My Queen, quarta traccia dell’album Out, in cui i The Kolors innestano sapientemente le linee di basso ed il suono di una chitarra funky sulla base di un tappeto sonoro al sintetizzatore, il tutto supportato da una batteria che, pur compiendo un lavoro essenziale, non va mai in secondo piano e a sostegno della voce di Stash che, spesso e volentieri, ricorda proprio quella di Michael Jackson.
Ovviamente, però, c’è da dire che il presente del gruppo, almeno dal punto di vista più strettamente musicale, non è tutto rose e fiori. Se prendiamo in considerazione Out, l’album uscito durante le fasi finali della partecipazione ad Amici (e secondo disco in assoluto della band, dopo il meno noto I Want, pubblicato anche grazie all’aiuto di Rocco Tanica), infatti, accanto ad ottimi pezzi, vi sono anche canzoni che colpiscono meno e che palesano qualche piccola incertezza in termini di sound, come Why, Great Escape e, in parte, Love. A questo va poi aggiunto che anche Realize, che vede la collaborazione di Elisa, pur essendo un pezzo piacevole e con delle particolarità apprezzabili, si discosta un po’ dal filone generale dell’album e sembra non farne parte pienamente.
Anche dal punto di vista dell’immagine e di ciò che non è più strettamente musicale i The Kolors presentano luci ed ombre. Se, infatti, i loro profili social sono molto attivi e contano parecchi fan e followers (ormai è chiaro a tutti come il successo musicale non possa prescindere dal passare attraverso l’utilizzo di questi nuovi mezzi di comunicazione) è anche vero che in troppe circostanze sembra che voglia mettersi in risalto la figura del solo Stash, fatto che rischia di spostare eccessivamente l’attenzione dall’ambito musicale a quello dell’immagine.
Per concludere, e per tornare alla riflessione di partenza, sono diversi gli elementi che giocano a favore dei The Kolors, tanto che criticarli o ignorarli solo perché hanno raggiunto la fama grazie ad un talent show è segno di snobismo e di mancanza di onestà intellettuale. Certo è che, comunque, starà a loro cercare di continuare la propria carriera nel solco di quanto di buono già fatto vedere fino ad ora, senza perdersi troppo nel bel mezzo dello show business che inevitabilmente accompagna l’ambiente musicale. Solo se ci riusciranno potranno pensare di imporsi sulla scena musicale nazionale (e, chissà, magari anche internazionale) in maniera duratura, evitando così di essere l’ennesima meteora frutto dei talent show.
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