I “So What” e il ritorno del Glam
È uscito poco prima della fine del 2016 il primo album dei So What da Oakland, Hard Gum. A vederli, ma soprattutto a sentirli, l’ultimo luogo a cui si potrebbero associare è l’assolata California. Questo perché il glam rock, che i So What esplicitamente riprendono, con tutte le sue sfaccettature e sottogeneri, negli Stati Uniti non ha mai preso piede più di tanto. Certo ci sono stati Iggy Pop e gli Stooges, gli Mc5 o le New York Dolls, che in molti sensi, come nel recupero della forma più “bestiale” del rock and roll, potrebbero essere annoverati in quel genere. Il glam tuttavia si è sviluppato negli anni 70, semplificando molto, in due forme. Una più teatrale, vanitosa e androgina, alla David Bowie o alla Marc Bolan per intenderci, e una più hard glam, meno pop e più “sporca” come gli Slade e come i So What per l’appunto. Due filoni più legati al Regno Unito per caratteristiche social-culturali e quindi musicali.
Un sottobosco più che vivo…
Detto ciò, in un contesto musicale come quello odierno è possibile che riemergano vecchi generi, anche in situazioni geografiche completamente diverse rispetto a dove sono nati. In Italia gruppi come Faz Waltz e Giuda sono un esempio. Un esempio tra l’altro citato anche all’estero. Certo stiamo parlando sempre di un sottobosco, ma un sottobosco vivo che gradualmente si sta imponendo sempre più a livello di seguito.
I So What quindi si inscrivono in questa scena musicale rinascente. Nei mesi precedenti la band californiana ha fatto uscire due singoli di grande impatto. Il primo, What You Do To Me, il debutto, chitarre e linea di basso con distorsione “fuzz”, ritmo serrato che trasmette una voglia incontrollabile di battere mani e piedi. Quindi obiettivo centrato. Il secondo Why Can’t I See Tonight è uscito come lato B con una spettacolare cover di I Can See But You Don’t Know degli Equals. Nel lato A invece più lento, più cadenzato e solenne del precedente singolo, i So What ergono un vero e proprio muro del suono, qui le distorsioni sono potentissime e fanno da sfondo sonoro continuo ai cori che caratterizzano il testo del brano, non troppo elaborato. Ma questo non importa in questo contesto.
Nell’album Hard Gum, i due brani aprono e chiudono. In mezzo tutti pezzi orecchiabili e ballabili, veramente dal primo all’ultimo. Spiccano soprattutto per capacità di entrare nella testa e uscirci difficilmente Don’t Come Back e Yo Yo, cover velocizzata di un famoso pezzo di Chris Andrews.
Insomma un bell’album dall’ascolto facile e una scena, quella glam, che piano piano sta tornando a far parlare di sé. Da monitorare.
Nessun commento